Appare così, incede all’improvviso, la seguiamo avanzare lungo il trampolino di lancio della sua femminilità prorompente, selvaggia ed elegante come una creatura ctonia partorita da una terra capricciosa e stufa, stufa di generare esseri minuti, dimezzati, contratti come prigioni nella plasticità minore dell’ordinaria umanità mortale, ometti stupidi e guerreschi come un Gunter qualsiasi, come siamo anche noi, noi che attendiamo stanchi e silenziosi questo treno che arriva da lontano, questo treno privo di nuovi amori e promesse di riscatto.
Gloria attende nella notte il suo uomo che non vede da un bel po’, lo attende con lo sguardo che corre lungo gli sguardi del mondo che la fissa come fosse uno strano animale, un mondo di cui intuiamo i silenti commenti, un mondo ovino che rimastica il molle bolo di volgarità e pettegolezzi e si muove nella stessa notte di Gloria, eppure la notte di Gloria è senza tempo e nei suoi occhi leggi la violenza delle sue mani grosse, che qualcuno disse da carrettiere, e la leggerezza di una ballerina-eroina uscita dai fumetti, in trepidante attesa del suo amore esclusivo.
E’ una manciata di interminabili minuti, forse anche meno, quelli in cui si intrecciano gli sguardi di Gloria e del suo uomo, scuro come un corvo nero, come un corvo nero presagio di dolore, profezia di catastrofe che non s’arresta di fronte all’intimità della memoria che gli si rivela, sconvolgente epifania improvvisa, gravida di una passione che, per fortuna, non conosce più vergogna.
Intorno, il mondo brulicante ed underground dell’intricato sistema metropolitano si ferma, si paralizza ipnotizzato e un po’ spiazzato: osserva incuriosito la scena, scruta Gloria, il suo uomo e la donna che, tra loro, appare un po’ confusa, tutto è silenzio, rotto soltanto dal gracchiante sibilo metallico che annuncia il treno che va via e dal silenzio emerge, poi, il vociare prima sommesso e poi più chiaro e comprensibile degli osservatori casuali, spettatori loro malgrado di qualcosa che non sanno bene cosa sia, di qualcosa che per loro rimarrà sempre, nel ricordo, un poco fiction e un poco vita, un poco storia un po’romanzo, un po’ realtà dell’uomo, un po’ vissuto del personaggio.
Infine, è necessario sottolineare sia l’acuta trasposizione drammatizzata di Giorgia Palombi che traduce in azione ed adatta alla situazione il testo interessante ma più statico della Maraini, sia la perfetta realizzazione degli interpreti, tutti davvero credibili, perfettamente coordinati e bravissimi, Lia Pastore, Susanna Poole e Francesco Testa.
Teatro